Wu
stava palleggiando quando si girò verso Jiang Xiaoshuai:
"Mi
comporto bene, non faccio nulla di male, la tratto con tutto il
cuore. Allora perché continua a lasciarmi?"
"Perché
sei troppo diretto, troppo facile da capire. Questo la annoia. Tutti
hanno un desiderio di conquista. Quando da te non ottiene più
soddisfazione, quando quel senso di conquista si svuota, perde
interesse. Tu giocheresti a un videogioco che conosci a memoria o
guarderesti una serie TV sempre uguale?"
"Sì,
ho visto più di venti volte Swords."
Jiang
Xiaoshuai lo guardò esasperato.
"Quanti
come te esistono al mondo?"
Wu
Qichen stava scrostando la vernice dalla cover del cellulare, ma nel
suo cuore non c’era rassegnazione. Così chiese:
"Secondo
te, se la incontrassi, le facessi un regalo costosissimo e le
dimostrassi che non so nemmeno come si fa a rompere… mi lascerebbe
ancora?"
Jiang
Xiaoshuai cercò di spiegarsi con delicatezza:
"Una
persona che non ti ama può trovare mille motivi per lasciarti. Ne
tagli uno, ne nasce un altro. Tu passi giorni a costruire qualcosa e
lei lo distrugge in pochi secondi. Non puoi mai raggiungere la
velocità delle sue scuse."
"Non
ci credo." ribatté
testardamente Wu.
Jiang
Xiaoshuai gli diede un colpetto in testa.
"Come
fai a esserne così sicuro?"
"Studio
scienze. Credo nelle prove. Niente condizioni solide, niente
conclusioni. Non è che se leggi un romanzo puoi capire tutto. Alla
fine, gli esseri umani non sono così complicati. A volte si lasciano
per una parola non detta. Succede ovunque!"
"Ok!"
Jiang Xiaoshuai non voleva più discutere. "Fai
come ti pare!"
In
un batter d’occhio, il tempo si era raffreddato e le ferite di Wu
Qichen erano ormai guarite.
In
quel mese aveva perso più di dieci chili, sembrava più energico e
anche il suo aspetto era migliorato.
Parlava
ogni giorno con Jiang Xiaoshuai e le giornate sembravano meno
difficili.
Il
suo carattere era diventato molto più tranquillo.
"Quindi
è davvero finita?" chiese
Jiang Xiaoshuai guardandolo di sottecchi. "Non
tornerà più?"
"Non
credo. Stavolta ne sono abbastanza sicuro."
Jiang
Xiaoshuai sospirò a fondo. "Allora
va bene. Se hai tempo, passa a trovarmi."
Wu
Qichen uscì dalla clinica con passo calmo.
Stavolta,
rispetto all’ultima, non aveva quell’urgenza di vedere Yue Yue.
Non le telefonò subito per farla uscire, ma fece un giro e tornò
prima a casa.
Sua
madre, Wu Ma, era seduta su un cuscino, intenta a cucire dei
pantaloni imbottiti per suo nipote.
Onestamente,
chi indossava più quelle cose? Erano ingombranti e difficili da
lavare.
Ma
Wu Ma ci teneva. Sentiva che quelli venduti nei negozi non erano
abbastanza caldi.
Aveva
strappato qualche metro di cotone preconfezionato e si era messa al
lavoro. Tuttavia, quando si è anziani la vista si fa debole;
infilare l’ago era un’impresa e le mani le facevano male.
"Ti
aiuto io."
Le
dita ruvide di Wu Qichen presero l’ago e nel suo sguardo brillarono
riflessi sinceri.
Solo
fori di spilli e fili penzolanti: tutto era trasparente.
"Figliolo,
sei dimagrito tanto."
disse la madre con tono preoccupato.
Wu
sorrise. "Ho
solo perso peso."
"Dimagrire
non è un gran bene. È meglio essere un po’ in carne, così sembri
più forte."
"Non
è su di te che devo fare colpo, mamma, ma su tua nuora."
Wu
Ma allora chiese: «E
Yue Yue, quando verrà a trovarci?»
Wu
Qichen le passò il pezzo di stoffa appena cucito e rispose
vagamente:
"Presto.
È molto occupata col lavoro in questo periodo."
Wu
Ma annuì e continuò a cucire.
Wu
Qichen si avvicinò, prese i ritagli di stoffa e li mise in una
vecchia scatola di scarpe.
Non
sapeva bene perché lo stesse facendo.
Quella
scatola aveva più di dieci anni.
La
marca era fallita da tempo, ma la scatola era ancora lì, squadrata e
intatta.
Il
cuore di Wu si strinse. Aveva un peso al petto che non riusciva a
sciogliere.
"Hai
qualcosa da dire alla mamma?"
chiese Wu Ma per prima.
Wu
Qichen esitò, ma non riuscì a parlare.
Sua
madre capì.
Con
il suo corpo impacciato salì sul letto, tolse le due coperte piegate
sopra, sollevò quella sotto, la aprì, la richiuse, poi la riaprì
ancora. Dentro c’era una tasca cucita.
La
scucì, tirò fuori una bustina di stoffa ben sigillata.
Tre
strati.
Dentro
c’erano solo 10.000 yuan.
"Mamma,
te li restituirò. Te lo prometto.»
disse Wu Qichen.
Wu
Ma agitò la mano.
"Siamo
una famiglia. Non si dicono cose del genere tra di noi."
CAPITOLO
7: Sappi che devi tornare!
Questa volta, per evitare qualsiasi incidente, Yue Yue scelse lei stessa la caffetteria.
Arrivò persino dieci minuti prima di Wu Qichen e controllò scrupolosamente tutti i posti a sedere, sopra e sotto, per assicurarsi che non ci fossero mattoni nascosti da nessuna parte.
Alle
otto di sera, Wu Qichen arrivò.
Yue
Yue guardò la figura che si avvicinava lentamente e sentì una certa
delusione.
Wu,
dimagrito, era meno fastidioso alla vista, ma il suo atteggiamento
freddo e pungente continuava a farle passare la voglia di qualsiasi
cosa.
Nel
rivedere Yue Yue dopo tanti giorni, il cuore di Wu Qichen si agitò,
per poi stabilizzarsi.
"Non
ti sei dimenticato il cervello da qualche parte?" chiese
Yue Yue con noncuranza.
Wu
si passò una mano sulla testa lucida e sorrise:
"Dio
non ha avuto il coraggio di rovinare un volto così affascinante."
La
stessa vanità, la stessa ironia: detta da un vero "alto, bello
e ricco", avrebbe fatto tremare il cuore di qualsiasi dea.
Però,
detta da Wu Qichen... sembrava solo arrogante e irritante.
"Questo
è il mio regalo per te, una collana di platino",
disse Wu Qichen.
Chi
è abituato a flirtare l’avrebbe mascherato con un “Aprila pure~”
e un’espressione da innamorato.
Ma
Wu Qichen non era quel tipo.
Comprò
la collana e lo disse chiaramente, senza giri di parole.
Spinse
la scatolina davanti a Yue Yue e solo allora si accorse che lei aveva
già una collana al collo.
Una
con diamante.
Mai
vista prima.
"Chi
ti ha regalato quella collana?" chiese
Wu Qichen.
Yue
Yue si accarezzò il collo con dita sottili e bianche come
cipolla.
Ogni
gesto tradiva quanto ci tenesse. "Un
amico."
La
mano di Wu si bloccò a metà del gesto e, con tono incerto, domandò:
"Se
ti do questa, l'accetterai lo stesso?"
Yue
Yue sorrise, calma:
"Visto
che l'hai già comprata, tanto vale non sprecarla, no?"
Wu
Qichen tirò un sospiro di sollievo.
Gli
occhi gli si illuminarono appena e si alzò, deciso a metterle lui
stesso la collana.
"Prima
devo togliere l'altra, è troppo complicato. Indosserò il tuo
un'altra volta", disse,
infilando di nuovo la scatola nella borsa.
Wu
si
risiedette senza fretta.
"Signore,
cosa desidera da bere?"
Wu
Qichen notò che anche il caffè più economico costava più di
quaranta yuan, e rispose subito:
"Niente,
grazie. Non bevo nulla."
Fuori
dalla vista del cameriere, Yue Yue gli lanciò un’occhiataccia.
"Ti
ho già dato il regalo… quindi… pensi di rompere con me come le
altre volte?"
Le
pupille di Yue Yue si colorarono di rosso sangue.
Sembrava
avesse appena sentito la cosa più assurda del mondo.
"Wu
Qichen, secondo te che razza di persona sono io? Se davvero tornassi
con te solo per una collana di platino, non sarei forse una persona
superficiale?
Se
questo è il motivo per cui me la regali, allora no, grazie."
Estrasse
la scatola dalla borsa e la spinse verso di lui, con decisione.
Quel
gesto le costò fatica, era come giocarsi tutto in una scommessa.
Se
lui avesse mostrato anche solo un minimo di esitazione, non l’avrebbe
mai restituita.
Ma
perse.
"Va
bene allora",
disse Wu Qichen, ritirando a malincuore la scatolina.
Nel
momento in cui le loro mani si sfiorarono, Yue Yue ritrasse la sua
intenzionalmente, ma lui non se ne accorse.
"Quindi…
vuoi ancora rompere con me?"
Rompere!
Ma si può?! Yue Yue era così furiosa da sentirsi le viscere
contorcersi.
"Certo
che sì!"
Era
la terza volta che lui sentiva quelle parole.
Facevano
ancora male, ma meno delle prime due.
Per
abitudine, chiese:
"E
perché? Sono forse ancora grasso? O brutto? O scemo?"
Yue
Yue era ancora troppo sconvolta per la collana. Cosa poteva dire?
"Non
voglio un uomo con uno stipendio da fame. Se vuoi stare con me,
licenziati e dimostra cosa sai fare. Sei laureato in una delle
migliori università e non sei nemmeno in grado di mantenerci con il
tuo lavoro?"
Questa
volta Wu Qichen rispose con fermezza:
"Non
lascerò il lavoro. Ma posso anche morire per te."
Yue
Yue avrebbe voluto urlare al cielo: Cristo
santo! Ma cosa ho fatto per meritarmi una cosa simile?
"Te
l’ho detto, Wu Qichen, ormai nei paraggi non si trova più nemmeno
un mattone! Non hai più scuse per le tue scenette drammatiche!"
"Chi
l’ha detto? Ne ho uno pronto all’uso",
rispose lui.
Yue
Yue lo fissò con occhi affilati.
"Impossibile.
Ho controllato ovunque."
Con
calma, Wu Qichen tirò su la cerniera del suo cappotto, ma Yue Yue fu
più veloce: gli afferrò la borsa, la aprì, e dentro… c’era
un mattone.
Cristo
santo! È davvero venuto con un mattone!!! Wu Qichen, sei pazzo!!
E
non era finita.
Wu
Qichen tirò giù la zip della giacca, infilò la mano tra gli strati
spessi e…
Tirò
fuori un altro mattone, sbattendoselo sulla testa con forza.
Tutti
i clienti nel locale si alzarono urlando, scappando lontano con
espressioni terrorizzate.
Le
pupille di Yue Yue si fecero viola dalla rabbia e digrignò i denti.
"Mi
stai davvero facendo impazzire!!"
Wu
Qichen si alzò sanguinante, lo sguardo calmo e il sorriso ostinato
sulle labbra.
"Se
mi hai notato, allora questo mattone è servito a qualcosa."
Questa
volta, Wu Qichen non lasciò che nessuno lo accompagnasse: si diresse
da solo verso la clinica.
Erano
le nove e quasi tutte le luci erano spente.
Di
solito Jiang Xiaoshuai chiudeva presto, ma quella sera le porte della
clinica erano spalancate e lui era lì, sull’uscio, con lo sguardo
attento rivolto verso la strada.
Infine,
vide ciò che aspettava.
"Oh?
Non hai ancora chiuso?" chiese
Wu Qichen, un po’ sorpreso.
Jiang
Xiaoshuai fece un sorrisetto.
"Lo
sapevo che saresti tornato. Ho lasciato la porta aperta apposta per
te."
Wu
Qichen si sentì leggermente imbarazzato.
Jiang
Xiaoshuai alzò il mento:
"Che
aspetti? Entra."
I
due si avviarono verso la clinica, zoppicando all’unisono.
CAPITOLO
8: La collana è sparita
Una sera, dopo una settimana, Wu Qichen andò come al solito alla clinica per cambiare la medicazione.
Jiang Xiaoshuai lo aiutò lentamente a togliere la garza.
Le sue lunghe ciglia nere tremolarono leggermente mentre emetteva un piccolo verso beffardo dal naso.
"Stai diventando sempre più resistente, eh? Sono passati solo pochi giorni, ed è quasi guarita."
Wu Qichen rise piano.
"Ma quali pochi giorni?"
"È quasi una settimana!" sbottò Jiang Xiaoshuai.
Wu cominciò a fare il vago.
“Che combini adesso di nuovo?” Jiang Xiaoshuai gli diede una ginocchiata. “Non starai mica pensando a un altro incontro a sorpresa? Te lo dico, se vuoi ancora giocarti quella carta, vedi di venire da me la prossima volta! Con tutte queste scene, comincio a chiedermi se ti piace lei o io.”
“Grazie…
te lo riporto domani!”
Dopo
tre o quattro ore, con gli occhi rossi per la stanchezza, Jiang
Xiaoshuai crollò sul cuscino e si addormentò.
“Ehi!
Ehi! Ehi!”
Tre
forti colpi alla porta.
Jiang
Xiaoshuai si rigirò infastidito e cercò di ignorarli.
“Ehi…
“
Una
fitta sequenza di colpi seguì.
Cazzo!
pensò, irritato. Chi
diavolo bussa alla porta a quest’ora?
Trascinandosi
i piedi, andò verso l’ingresso e urlò:
“Chi
è?”
“Xiaoshuai,
sono io!” La
voce di Wu Qichen era ansiosa.
“Pensavo
fossi corso da lei sotto la pioggia”
commentò sarcastico.
“Ma
che dici, a quest’ora? Che ci vado a fare?”
“A
quest’ora?!”
Jiang Xiaoshuai era ancora mezzo addormentato.
Si
passò una mano sul viso, poi sbottò:
“Ma
se è tardissimo! Perché sei venuto qui?”
“Ho
preso in prestito dei soldi da mia madre per comprarle una collana.
Yue Yue non l’ha voluta. Così ho pensato di tornare subito
indietro per restituirla e riavere i soldi. Solo che… quando sono
andato a per prenderla, non c’era più. Pensavo magari fosse caduta
qui. Ho visto la luce accesa e ho sperato che fossi ancora sveglio,
così ho bussato.”
“Quand’è
stata l’ultima volta che l’hai vista?” chiese
Jiang Xiaoshuai.
Wu
Qichen si grattò il collo, sorridendo imbarazzato.
Mentre
finiva di cambiare la medicazione, fuori cominciò a tuonare.
Wu
avrebbe voluto rimanere a chiacchierare un po’ con Jiang Xiaoshuai,
ma non riusciva ad aspettare oltre.
Si
infilò di fretta il cappotto e si diresse alla porta, ma Jiang
Xiaoshuai lo fermò, mettendogli in mano un ombrello.
E
Wu Qichen sfrecciò via sotto la pioggia.
Jiang
Xiaoshuai non tornò subito a casa. Aveva deciso di passare la notte
nella clinica.
Chiuse
bene le finestre e le porte, poi entrò nella stanza da letto.
Fuori
pioveva già a dirotto.
Si
avvicinò alla finestra. Non aveva sonno.
Si
sedette davanti al computer con le gambe incrociate, battendo sui
tasti mentre ascoltava il vento.
Jiang
Xiaoshuai si fermò, sospettoso. Non
avrà fatto qualcos'altro di stupido?
Aprì
la porta: Wu Qichen era lì, in piedi, ancora con la garza in testa,
ma con le scarpe completamente fradice.
Jiang
Xiaoshuai si grattò i capelli con irritazione e fece cenno a Wu
Qichen di entrare.
Wu
Qichen rovistò ovunque nella clinica per mezz’ora.
Controllò
ogni angolo, perfino le tubature con una torcia, ma della collana
nessuna traccia.
"Quando
gliel’ho portata. Dopo non ci ho più fatto caso."
Jiang
Xiaoshuai lo fissò, pensieroso e gli chiese di raccontargli tutta la
scena della consegna.
Quando
Wu Qichen finì, lui sorrise amaramente, lo guardò con espressione
seria e disse:
"Puoi
anche continuare a cercarla, ma quella collana non la troverai."
"Perché?" chiese
Wu Qichen, confuso.
Jiang
Xiaoshuai, ormai certo, glielo disse senza mezzi termini:
"Quella
collana… se l’è presa lei. Hai capito?"
Wu
Qichen scosse la testa, ancora incredulo.
"Impossibile.
Ha detto che non la voleva e io l’ho rimessa via. Come potrebbe
avermela presa dalla borsa di nascosto?"
"Se
non mi credi, vattene a casa a pensarci."
Wu
Qichen ci pensò davvero, poi concluse:
"Magari…
magari ci ha ripensato mentre tornava a casa. Forse… forse l’ha
presa di nascosto, mentre stava pensando al mio suicidio…”
Jiang
Xiaoshuai gli diede un colpo in testa con un dito e lo fulminò con
lo sguardo.
"Se
mia madre fosse un tuono, ti avrebbe già fulminato a morte, idiota!"
CAPITOLO
9: Ti do una radice bruciata dal passato!
La
pioggia fuori aumentava sempre di più. Jiang Xiaoshuai, non se la
sentiva di cacciare di nuovo Wu, così decise semplicemente di
lasciarlo dormire lì.
Appena
fosse arrivato il mattino, sarebbe andato direttamente al lavoro,
evitando di fare avanti e indietro per niente.
I
due uomini erano stretti su un solo letto, cuciti l’uno all’altro,
sdraiati supini con le braccia appoggiate sulla pancia.
Jiang
Xiaoshuai guardava Wu Qichen di profilo: ormai non somigliava più
per niente alla persona che aveva conosciuto all’inizio.
Il
suo volto, immerso nell’oscurità della notte, aveva tratti ancora
più definiti e nei suoi occhi umidi si rifletteva il soffitto,
limpido e trasparente come non mai.
"Che
giorno è oggi?" la
voce di Wu uscì improvvisa, interrompendo i sogni piacevoli di
Jiang Xiaoshuai.
"Il
trenta."
Wu
Qichen si alzò di scatto, tirò fuori il cellulare dalla tasca e
compose il numero di Yue Yue.
Dopo
un attimo, la voce affranta di lei risuonò al telefono.
"Ehi?
Che succede?"
"Oggi
è il 30, il pacchetto Love famiglia ha 877 minuti. Tu lascia pure
il telefono acceso così com'è, dormi pure tranquilla... ma quei
minuti non li regaliamo certo alla China Mobile."
Dall’altra
parte si sentì una raffica di insulti pieni di rabbia, frustrazione,
sgomento e isteria.
"Idiota
del cazzo!"
La
sua compagna di stanza, svegliata dal rumore, chiese:
"Che
succede?"
"Il
mio ex è un pazzo. Gli ho detto tre volte di lasciarmi in pace, ma
continua a tornare a minacciarmi di suicidarsi."
La
ragazza chiese:“È
lui che ti ha regalato quella collana di platino?
"Cavolo!
Se non me lo chiedevi, stavo quasi per dimenticarmene... ma ora che
me l’hai fatto tornare in mente, mi girano ancora di più! Me
l’aveva già regalata, era fatta! Poi gli ho detto due cose in
faccia e lui che fa? Se la riprende! Ma dico, si può essere così?"
"Cosa?
E quello dovrebbe essere un uomo?"
"Non
ho lasciato correre. Quando ha iniziato a colpirsi con un mattone, ho
ripreso la collana."
"Naturalmente.
Non ha senso sprecare un buon regalo!"
"Devo
trovare un negozio dove venderla, devo venderla bene."
"..."
Jiang
Xiaoshuai non ce la fece più ad ascoltare, riattaccò il telefono
per Wu Qichen.
Wu
borbottò fra sé e sé:
"In
realtà ho già fatto cancellare il pacchetto famiglia, volevo solo
sentire la sua voce."
Jiang
Xiaoshuai rispose freddo e sarcastico:"Ora
ti basta?"
"Sì,
basta." Wu Qichen sembrava svuotato. "Ma
come si fa ad accettare una rottura."
"Avresti
dovuto accettarlo fin dall'inizio!" Jiang Xiaoshuai saltò su furiosamente, battendo i pugni sul letto. "Ti
avevo avvertito! Non le importa nulla di te! Stai sprecando
mattoni!!"
"Era
sempre lo stesso mattone, avanti e indietro."
Il
petto di Jiang Xiaoshuai si sollevava furiosamente, grondava sudore
dalla fronte, e dentro di sé non poté fare a meno di maledirsi un
po’:
Ma
insomma, quello mica è morto… e tu sei qui a perdere la testa?!
"Xiaoshuai,
a pensarci adesso, devo ammettere che quello che hai detto aveva
davvero un certo senso. A quel tempo tanto valeva darmi alle lettere.
Se avessi studiato lettere, mi sarei buttato direttamente nel lago
Weiming... magari adesso sarei già al quinto ciclo di
reincarnazione."
Jang
Xiaoshuai rise con disprezzo.
"Sì,
verrò sicuramente sulla tua tomba a bruciarti una radice."
"Cosa?"
"Non
sai nemmeno se hai una radice, eh?"
Wu
Qichen non disse nulla, tutto il corpo si fece freddo, come se la
pioggia fuori lo stesse bagnando direttamente.
Il
telefono squillò di nuovo e Wu Qichen lo prese come fosse un
salvagente, strizzando gli occhi per vedere chi chiamava.
Purtroppo
non era Yue Yue, ma il capo del loro reparto.
"Ti
stavo chiamando, sei stato occupato tutto il tempo?" la voce era impastata dall’alcol.
"Il
telefono è rotto e il segnale fa schifo."
"Muoviti,
vieni subito. La macchina si è rotta, domattina serve per lavorare."
Appoggiò
il telefono, si alzò meccanicamente e si mise le scarpe.
Jiang
Xiaoshuai si sedette e lo guardò.
“Non
è troppo tardi per uscire? Piove. E poi, il tuo capo... possibile
che la macchina si rompe e non chiama un elettricista?E con quella
ferita alla testa, esci così?”
Wu
Qichen era ormai abituato. Era diventato praticamente il tuttofare
del reparto: riparava luci, computer, macchinari...
Quando
qualcosa si rompeva cercavano lui.
In
quell’ufficio erano in quattro in tutto, e solo lui lavorava
davvero.
Gli
altri tre aspettavano, ma lui guadagnava più di tutti e si sentiva
pure soddisfatto.
"Ehi,
ma ci vai davvero?" Jiang Xiaoshuai lo inseguì fino alla porta.
"La
tua casa è un po' fredda. Esco per riscaldarmi un po'.."
" ..."
CAPITOLO
10: Sto per dimettermi!
A
quell’ora, con quella pioggia così forte, anche se trovavi un
mezzo, dovevi pagare una fortuna.
Wu
Qichen, spaventato dal capo, correva a tutta forza con le gambe
bagnate dalla pioggia e l’ombrello sulla testa veniva sbattuto dal
vento.
Un
vecchietto che guidava un mototaxi aveva seguito Wu Qiqiong per un
po’.
Non
se la sentiva di lasciarlo andare così e gli gridò:
"Ragazzo,
sali! Non voglio soldi, dimmi solo dove devi andare!”
Quella
frase riscaldò Wu Qichen nel profondo.
“Non
si disturbi, basta girare l’angolo e sono arrivato.”
Gli diede i 37 yuan rimasti in tasca.
“Nonno,
tieni quei soldi, vai a casa e riposati. Sei troppo anziano per
correre come noi giovani.”
Il
vecchietto voleva restituirgli i soldi, ma Wu si girò e, quando
l'anziano provò a rincorrerlo, il ragazzo sparì senza lasciare
traccia.
Dopo
più di dieci minuti di corsa, finalmente arrivò in azienda.
Il
capo, ubriaco, era caduto per terra nell’ufficio.
Wu
Qichen spalancò la porta e il capo lo schiaffeggiò sul viso come se
fosse colpa sua.
“Guarda
l'ora! Di solito qui dovrebbero esserci cinque o sei persone, ma
quando ho bisogno di fare qualcosa, non c'è nessuno! Tutto il giorno
a frignare per un aumento di stipendio, ma vi siete mai chiesti se
davvero valete quei soldi? Cosa stai guardando? Ti ho chiamato qui
per riparare la macchina, non per fissarmi!”
Wu
Qichen non rispose e iniziò a controllare la macchina. Nessuno lo
aiutò, poteva solo contare sulla sua torcia e le sue mani
esperte.
Ad
un certo punto un colpo di corrente gli fece uno scherzo e il capo
ridacchiò accanto a lui. Lo schiaffo fece volare i capelli di Wu
Qichen....
Dopo
una notte di lavoro, Wu riuscì finalmente a trovare il guasto. Il
supervisore, intanto, si era appena svegliato.
“Le
parti sopra sono rotte, devono essere cambiate.”
Alla
parola “cambiare”, il capo aggrottò subito la fronte. “Cambiare
pezzi, chi li paga?”
Appena
sentì che doveva pagare di tasca sua, Wu Qichen si preoccupò. Pochi
centinaia di yuan non erano una cosa da poco, perché mai doveva
essere lui a sborsare? Lui faceva il suo dovere, ma di certo non si
sarebbe fatto sfruttare!
“Quel
pezzo si è rotto prima che io lo riparassi, non è mia
responsabilità.”
Il
capo non era per nulla contento.
“Wu
Qichen, sei un incapace, mi aiuti a riparare la macchina e ti lamenti
per qualche centinaio di yuan?”
“Perché
no?”
Wu Qichen protestò. “Io
guadagno poco più di duemila yuan al mese!”
“Ti
sembra poco quello che ti dà l’azienda?”!
Il
capo urlò improvvisamente.
“
L’azienda
ti tratta male? Ci sono aziende private che trattano peggio. Dove
vuoi andare? Non stare lì a rompere i coglioni!”
Wu
rimase immobile, come un pilastro, senza guardare nessuno negli occhi
non mostrando rancore.
“Come
osi discutere con me?”
continuò il capo. “Guardati:
non fai nulla tutto il giorno. Senza di me, non avresti nemmeno
questo lavoro! I tuoi colleghi si lamentano di te, vogliono
trasferirti. Non sei mai stato il benvenuto qui...”
Wu
Qichen pensò a quanti lavori aveva fatto per i colleghi in tre anni.
Si
sentiva generoso, credeva che tutti ricordassero la sua bontà.
Tuttavia,
agli occhi degli altri, lui voleva solo farsi vedere, voleva mettersi
in mostra davanti al capo, voleva scalare la carriera sulle spalle
degli altri.
“Wu
Qichen, la macchina l’hai riparata tu. Se non funziona, la
responsabilità è tua. Oggi paghi senza fare storie e finisce tutto
qui. Ma se continui a fare il duro, ti giuro che te la faccio pagare
cara!”
Tutti
erano diventati insensibili.
Wu
Qichen capì finalmente che questo era un campo minato: se fai un
sacco di cose buone, nessuno ti ricorderà; se fai un errore, te lo
rinfacciano per sempre.
“Non
lo farò.”
disse all’improvviso Wu Qichen. “Ho
deciso di dimettermi.”
Il
capo parve rendersi conto che senza Wu Qichen nessuno avrebbe fatto
tutti quei lavori.
“Ascoltami,
Wu. Non pensare di essere arrivato dove sei da solo. Le tue capacità
sono state acquisite solo grazie alla formazione dell'azienda. Se ti
licenzi ora, butterai via tre anni di assicurazione.”
Assicurazione?
Quale assicurazione? La mia ragazza non c’è più, quale
assicurazione potrebbe aiutarmi?
Wu
Qichen si girò e uscì dall’ufficio.
Il
capo urlò dietro di lui:
“Ti
avverto, tempo fa hai fatto un’assenza ingiustificata di una
settimana, ti multo con tre volte la paga giornaliera! E poi con
questo pezzo rotto di oggi, se non paghi tutto, non pensare di
andartene da qui!”
Wu
Qichen rispose secco:
“Non
ho fatto assenze ingiustificate, ero in malattia per un infortunio!”
Il
capo afferrò il colletto di Wu Qichen e urlò:
“Che
cazzo fai? Come osi parlarmi così?! Ti sei fatto male alla testa tre
giorni fa, tutte le macchine che tocchi si rompono! È tutta colpa
tua!”
Wu
Qichen rimase sbalordito, la faccia arrossì. Cercò con forza di
liberare la mano del capo, ma lui lo spinse contro il muro e la garza
sulla sua testa cadde.
"Ancora
osi graffiarmi la mano? Idiota! Figlio di puttana! Sparisci subito!"
La
mano di Wu Qichen colpì il telaio del bancone e i suoi occhi pieni
di sangue fissarono una foto d'identità.
La
scritta "Zhang
Baogui"
sotto la foto rimase impressa nel suo cuore.
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Capitoli successivi 11-15
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